Tempo d’esecuzione in Beethoven
21 settembre 2010 di D.Alcune notizie utili nella scelta dei tempi di esecuzione di opere di Beethoven e sulle sue indicazioni metronomiche, con particolare riferimento alle sinfonie.
Questo articolo continua quanto iniziato negli articoli
- Beethoven, sinfonie trascritte per pf: Liszt vs Singer
- Beethoven, sinfonie. Altri riferimenti utili: lettere
- Prassi nell’Ottocento: arrangiamenti e trascrizioni
L’invenzione del metronomo di Maelzel risale alla fine del 1815 (ciò non esclude che esistessero già da tempo “metronomi”, ma questo qui non ci interessa.
Tutte le indicazioni metronomiche di Beethoven sono posteriori a questa data, anche quelle per le sinfonie scritte precedentemente.
Maelzel, che conosceva bene Beethoven: fra il 1812 ed il 1814 fu lui il costruttore delle “trombette” progenitrici dell’Ampliphon per il compositore ormai sordo.
Fu Beethoven stesso ad incitarlo ad inventare qualcosa che permettesse di determinare in modo più preciso il tempo di esecuzione di una composizione. [Fonte?]
Nessuna delle prime edizioni delle sinfonie riportano indicazioni di metronomo, comprese la Settima e l’Ottava, edizione Steiner rispettivamente del maggio e dicembre 1816, e la Nona sinfonia, edizione Schott del 1826 .
Neppure i manoscritti di Quinta, Sesta, Settima e Nona riportano indicazioni di metronomo (non sono riuscito a consultare il manoscritto dell’Ottava).
Il 14 febbraio 1818 Beethoven e Salieri pubblicano un articolo sull’utilizzo del metronomo nella Allgemeine Musikalische Zeitung (undicesima annata, dovrebbe arrivare a breve in rete: la rivista è una miniera incredibile di notizie per la prassi esecutiva di inizio ’800).
In molti articoli si legge del grande entusiasmo per Beethoven per l’invenzione del metronomo, ma nei suoi quaderni di conversazione si legge anche (cito da Schindler, 1966, che a pagina 425 cita a sua volta Adolf Bernhard Marx: Anleitung zum Vortrag Beethovenscher Klavierwerke, Berlin 1863, pagina 63) „Gar kein Metronom! Wer richtiges Gefühl hat, braucht ihn nicht; und wer es nicht hat, dem nützt er doch nichts“ [Il metronomo non serve a niente! Non serve a chi ha il giusto sentimento; e a chi non ha questo sentimento non è d'aiuto].
Così pure nella lettera agli editori Schott del 26 agosto 1826: “Die Metronomisierungen – hol’ der Teufel allen Mechanismus.” [Le indicazioni metronomiche? Si porti via il diavolo l'intero meccanismo]
Una conferma di ciò potrebbe essere il fatto che Beethoven ha messo il metronomo a soli 25 suoi brani su un totale di 400 [Fonte?].
Dal 1817 al 1824 Beethoven non diede indicazioni metronomiche ad alcuna composizione. [Helmut Breidenstein]
Su alcuni articoli si legge che Beethoven “ormai sordo” ha scritto le indicazioni metronomiche basandosi su esecuzioni di altri [Fonte?].
Le indicazioni metronomiche dovrebbero provenire da una lettera di Beethoven (quale e a chi?) del 1820 circa, nel quale lui spiega anche come vanno intesi questi metronomi. [Sarò grato a chi riesce a segnalarmi le coordinate di questa lettera di cui tutti parlano ma nessuno ha mai letto!]
Le indicazioni metonomiche delle sinfonie di Beethoven appaiono per la prima volta sulle partiture della Breitkopf nelle edizioni del 1862-1890.
La prima volta che appaiono le indicazioni metronomiche per le sinfonie di Beethoven è [fino a prova contraria] nel 1837, nella riduzione per pianoforte solo di Liszt: e questo fatto a mio avviso puzza tantissimo…
Cito qui solo per divertimento la bizzarra “teoria metrica” di Willem Retze Talsmas esposta nel suo “Wiedergeburt der Klassiker” [rinascita dei classici, Innsbruck 1980 e 1988] in cui sostiene che i tempi indicati vanno dimezzati perché il tactus deve coincidere col tic-tac completo del metronomo e non solo con il tic o con il tac…
Speriamo che il buon Willem si legga le istruzioni per l’uso del metronomo dello stesso Maelzel: „… it be well understood, that in this, as in every case, each single beat or tick forms a part of the intendend time, and is to be counted as such, but NOT THE TWO BEATS produced by the motion from one side to the other.“
[L'originale tedesco, preso dalla Wiener Allgemeine Musikzeitung, recita: „… ist dieses so zu verstehen, dass in diesem, wie in jedem anderen Falle, jeder einzelne Schlag als ein Theil des beabsichtigten Zeitmasses anzusehen, und als solcher zu zählen sey; also NICHT DIE BEYDEN (durch die Bewegung von einer zur andern Seite) hervorgebrachten Schläge“].
Altra fonte facilmente reperibile su come usare il metronomo, in Czerny (allievo di Beethoven), intoduzione alla Klavierschule op. 500
Per una risposta seria e competente alla teoria metrica del Retze Talsmas rimando a “Peter Reidemeister, Historische Aufführungspraxis, pagine 114–135″.
Quindi, dopo tanto scrivere, che cavolo di tempi devo prendere nelle sinfonie di Beethoven?
Boh, ma almeno ora sappiamo un po’ meglio di non sapere…
Al momento ciò che vorrei sapere è:
- il contenuto della lettera di beethoven con le indicazioni metronomiche per le sinfonie
- il range del primo metronomo di maelzel (suppongo 60-180, ma non ne sono sicuro)
Spero che Helmut Breidenstein se ne occupi presto come ha già fatto per i tempi in Mozart.
Categorie: Articoli di Prassi esecutiva 8 Comments »
Ciao Davide,
ho trovato questo:
- Herbert Seifert, „Beethovens Metronomisierungen und die Praxis“, Beethoven-Kolloquium, Kassel 1977,
- Peter Stadlen: „Beethoven und das Metronom“
Forse può esserti utile.
Buono studio,
Egometipse.
In Steiner c’è scritto che il pamphlet con le indicazioni metronomiche delle prime 8 sinfonie e del settimino è del 1817.
Ho letto più volte – mi spiace non poter citare le fonti, che non ricordo: dovrei andare a cercare nelle biografie Beethoveniane, forse Cooper, ma non ho il tempo – che le indicazioni metronomiche vennero messe da Beethoven coadiuvato dal nipote Karl. Rattalino, parlando delle ultime sonate, dà quelle indicazioni metronomiche come autentiche e attendibili. Ho letto una intervista a karajan che le dà per “originarie” e risponde all’intervistatore dicendo che non ha potuto rispettarle nel II movim della IX poiché imponevano un tempo troppo rapido persino per la Filarmonica di Berlino. Pollini cerca di rispettarle. Insomma una serie di dati che mi hanno sempre lasciato credere profondamente in quelle indicazioni. Aggiungo che personalmente le trovo assolutamente attinenti: credo che Beethoven nei brani più brillanti vado eseguito in modo in certi casi addirittura vorticoso, o lo si snatura. Credo anche che certe intepretazioni, pur di grandissimi interpreti, come Celibidache, Klemperer e Furtwaengler, lo abbiano di fatto “appesantito”. Forse sarà possibile ritrovare una più giusta immagine di Beethoven – come è avvenuto per il Bach dello Spitta – attraverso la filologia. Ma c’è un interrogativo a cui vorrei risposta: assai più sconcertanti di quelli di beethoven sono i metronomi delle edizioni chopiniane. Chi li ha messi? Sono attendibili? Nessuno li rispetta. Forse Pollini nell’ultima – assai poco espressiva però – intepretazione dei Notturni. Qualcuno può rispondermi?
Grazie Giorgio per il graditissimo e prezioso commento!
Appena ne avrò il tempo, cercherò qualche informazione sui metronomi chopiniani (avevo iniziato un lavoro simile qualche mese fa per Czerny).
Grazie a te. Ogni informazione sui metronomi chopiniani sarà chiarificatrice.
L’uso senza elasticità di uno strumento come il metronomo ammazza la musica. Nessuno dei grandi interpreti lo usa come pare che vorrebbero fare i valenti commentatori di questo sito. Nessuno. Il metronomo serve solo a TENTARE di insegnare il senso del tempo a chi, pur volendo far musica, ne fosse sprovvisto. Ma se non si sa fraseggiare, se non si sa articolare con anche infinitesime oscillazioni ritmiche pur nell’ambito di un’esecuzione ritmicamente rigorosa, non si è musicisti, si è solo solfeggiatori.
Questi articoli si rivolgono a musicisti che sanno fare un uso intelligente del metronomo.
L’uso del metronomo a cui Lei si riferisce è quello per i bambini ai primi tre anni di studio.
Nessuna persona dotata di un minimo di intelligenza musicale potrebbe presupporre un uso del metronomo come quello che Lei insinua per le sinfonie di Beethoven.
Davide Lorenzato
Gentile Maestro, intanto la ringrazio dell’interesse da lei dimostrato verso un tema affascinante come quello dei tempi e delle velocità di esecuzione in musica… da amante della musica di Beethoven, mi preme dire che la profondità di pensiero di tale musica, e la funzione preponderante degli aspetti ritmici in quella, risultano sminuiti, ai miei orecchi di ascoltatore, dall’eccessiva velocità, che – sempre secondo il mio gusto personale – non rende loro un buon servigio… l’attendibilità delle indicazioni metronomiche di Beethoven, mi sembra di capire, non è, storicamente, assolutamente certa, e io coltivo la speranza che magari in futuro esse si rivelino false… ma anche se fossero accertate, si potrebbe forse considerare la diversa epoca storica e la particolare posizione culturale del compositore, desideroso probabilmente di operare una rottura con la società aristocratica morente e di affermare i moderni valori democratici anche attraverso un linguaggio volutamente dirompente… e che forse oggi sia possibile finalmente gustare la musica di Beethoven con maggiore tranquillità e posatezza, in tutta la sua bellezza, senza più gli urgenti intenti militanti che poteva avere l’autore nell’epoca sua…