Mottetti di Bach: organico

13 gennaio 2009 di D.

Proseguo l’argomento degli organici nella prassi barocca trattato nell’articolo “Orchestra barocca e coro: alcune questioni” e nei commenti succedutigli.

Oggi mi occuperò soprattutto dei mottetti di Bach, di cui ho già parlato negli articoli su “Singet dem herrn ein neues Lied” BWV225, “Der Geist hilft unser Schwachheit auf“, BWV226, “Jesu meine Freude” BWV227, “Fuerchte Dich nicht” BWV228 e “Komm, Jesu, Komm” BWV229 dello scorso agosto. L’argomento riguarda comunque tutta la musica vocale del ’700.

Due importanti premesse che è bene tener presente nell’affrontare l’argomento.

1) Il Konzertprinzip, concetto fondamentale che definirei “solo-tutti ad libitum”, ancor oggi trascurato nonostante già nel 1920 Arnold Schering lo predicasse (Bach Jahrbuecher 1920, pag 87) e H.P. Schmitz lo riprendesse in “Ueber die Wiedergabe der Musik Johann Sebastian Bachs, Berlino 1951” a pag 9, 11 e nell’elencone dei Principi di pag. 26. Il principio, esposto chiaramente in Praetorius (Syntagma Musicum, pag 126), nel Lexikon di Walther (pag 179) e nell’Entwurf di Bach (Bach Dokumente, vol 1, pag 60) solo per dire tre fonti autorevoli, dice che posso decidere di momento in momento, a seconda di organico, luogo, situazione, quali parti affidare ai soli e quali ai tutti, siano essi voci o strumenti. Per avere un esempio di tale principio applicato in registrazioni si ascolti ad esempio l’inizio del N. 24 dell’Oratorio di Natale nell’incisione di Jacobs.

2) La paura della formazione “a due”, per cui si preferiscono o le parti reali (strumenti o voci singole) o almeno tre esecutori per parte è relativamente recente, direi dalla scuola di Mannheim in poi. Nel barocco sono numerosissimi gli esempi di passaggi a due: tralascio gli esempi relativi agli archi perché si potrebbe contestare l’impiego di organico “corale” e così pure le coppie di strumenti differenti. Ma basta prendere tra le decine di arie delle cantate di Bach dove i due oboi o i due flauti suonano all’unisono (e in cui noi oggi diventiamo matti a rendere omogeneo il suono) per capire che la formazione a due era tutt’altro che rara. Il motivo per cui noi oggi rigettiamo la formazione a due (intendo due strumenti o voci uguali per una stessa parte) deriva dal fatto che con due esecutori le differenza saltano subito all’orecchio: non c’è ancora l’effetto “banda” che fonde in un tutt’uno la somma delle varie onde come già succede con la formazione a tre.

Il fatto che a due le differenze siano nette e a tre già si fondano in una “banda di frequenze” è fisiologico e quindi assoluto, nel senso che non deriva da fattori culturali.

Ma non si può dire altrettanto del rigetto delle differenze, anzi! “Concentus” non significava omologazione, il mito dell’omogeneità totale dei suoni è nata negli anni ’60 con Karajan (e col “muro sonoro” del manager degli ABBA) con chiari intenti commerciali e discografici.

Come prova inconfutabile di ciò si prenda l’eterofonia diffusa ancora in Mozart e Haydn per cui era normale avere un primo violino che abbelliva e diminuiva mentre i compagni di sezione suonavano più o meno ligi alla partitura: ce lo spiega chiaramente Leopold Mozart quando dice di usare le notine piccole per far capire di non aggiungere là altri abbellimenti. E se uno non ha tempo di guardarsi gli esempi di Quantz e L. Mozart dia un’occhiata ai concerti grossi confrontando le parti parallele di concertino e ripieno per avere un esempio di eterofonia scritta. Basta ascoltare un po’ di bulgari, zingari o jazzisti suonare o, meglio ancora, farci una suonata assieme per farsi un’idea: la tendenza a “diminuire” (nel senso tecnico musicale) e riempire credo sia innata nell’uomo. Per contro, le lunghe note e pause derivano sempre da un’impostazione estetico-filosofica (si prenda l’esempio del tardo Romanticismo) che si trova a combattere con la tendenza spontanea e virtuosistica dell’esecutore.

Se proibisco (tre secoli fa sarebbe stato proibire…) ai miei coristi di fare abbellimenti e diminuzioni nel Rinascimento, Barocco e Classicismo è solo una scelta di comodo e di convenienza nei confronti dell’ascoltatore contemporaneo, non certo per questioni filologiche.

Ma torniamo alla questione dell’omogeneità del suono. Una volta che si DECIDE di adottarla come principio estetico (e i motivi per una tale scelta sono tanti visto che il buon suono “guarisce” tanti problemi di intonazione, ritmo e fraseggio: è il glutammato salvatore che il divo zio Herbert ci ha regalato!) resta da vedere come ottenerla senza alterare altre scelte “filologiche” che ci piacerebbe mantenere come quella dell’organico (che poi influenzerà pesantemente quelle dei tempi, dell’articolazione, delle dinamiche e dei fraseggi).

Un primo trucco per diminuire il nostro fastidio nelle formazioni a due è quello di ristabilire il ruolo di concertino e ripieno a tutti i livelli. Nei Paesi dove durante gli studi si deve fare una valanga di musica d’assieme (non parlo di Spagna, Portogallo, Italia e Grecia) questo accade normalmente spontaneamente (almeno al livello professionale): altrove serve qualche dritta. Se si lascia condurre il primo di due strumenti uguali, quello timbricamente preponderante (p.es. oboe su arco solo o flauto, voce su tutti, primo violino su sezione di archi più fiati) o il “più bravo” (in Bach era sempre il cantore del coro primo) e seguire l’altro, il fastidio generato dai due soli in competizione svanisce. Purtroppo realizzare (e quindi prima capire) questo in Italia è spesso solo pura fantascienza…

In secondo luogo, posso sfruttare in maniera furba le risorse che la prassi dell’epoca mi mette a disposizione.

Vediamo ora quali sono i dati in nostro possesso riguardo l’organico dei mottetti per capire su cosa possiamo giocare.

Anzi no, lo vediamo in un prossimo articolo perché questo è già troppo lungo e la mia maestra di web mi sgrida.

Nell’attesa può essere utile leggere alcune mie idee sul basso continuo nella seconda parte dell’articolo “io e il basso continuo” del 16 maggio 2008.

Categorie: Analisi e guide allo studio, Articoli di Prassi esecutiva, musica 2 Comments »

2 risposte a “Mottetti di Bach: organico”

  1. Cristian Gentilini scrive:

    Tanto di cappello per questo articolo..
    Troppo spesso mi dimentico di quanto oggi il nostro ascolto sia viziato…
    Mi hai fatto venire in mente le prove a Barcellona, dove Grun, sul mottetto “Fuerchte Dich nicht” predicava l’importanza della voce Wolf, all’interno della sezione… ne terrò conto nella concertazione dei mottetti a parti reali.. grazie mille

  2. D. scrive:

    Hai scatenato una valanga… domattina butto in rete anche alcune bozze incomplete dei mesi scorsi: buona lettura!

Lascia un Commento